Indigenizzazione cattolica in Cina

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La rivelazione divina è superiore ad ogni cultura umana e capace di armonizzarsi con ognuna di esse, quando si presuppone la trascendenza del Creatore e la responsabilità morale di ciascuno di fronte a lui.

Il problema di armonizzarsi è dato dal fatto che gli evangelizzatori si presentano con una loro cultura, sicché gli evangelizzati si domandano se devono abbandonare quella propria.

Noi in Italia avemmo questo problema quando si trattò di cattolicizzare i Longobardi, impresa che durò due secoli proprio per la loro resistenza ad abbandonare la loro tradizione culturale.

I Papi incoraggiarono gli evangelizzatori degli Slavi e permisero di adottare la loro lingua proprio per facilitare la loro serena accettazione della fede. Questa è la ragione per cui ci sono molti Patriarcati cattolici orientali; ciò anche per impedire le gelosie.

Quando si tentò l’evangelizzazione dell’India e della Cina si ripresentò il problema, ma l’armonizzazione si dimostrò difficile proprio a causa dell’incertezza sui caposaldi sopra accennati.

Adesso, dopo secoli di studi sulle lingue tradizionali, l’accesso a quelle culture potrebbe essere più facile e l’intesa armonizzatrice non più urtante.

Si potrebbe così profilare la possibilità di costituire due nuovi Patriarcati, uno per l’India e uno per la Cina, a salvaguardia della cultura “nazionale”, per così dire, e il libero crescere di un cattolicesimo indiano e/o cinese.

Naturalmente, in tal modo, verrebbe a costituirsi anche una disciplina cinese o indiana, sempre concorde con le esigenze di fede determinate dall’apostolo Pietro, come accadde nel primo concilio di Gerusalemme. E siccome l’apostolo Pietro diventò ed è romano (per questo la Chiesa è detta Romana), come c’è un Patriarcato Copto e uno Armeno, così ci può essere un Patriarcato cinese.

Don Ennio Innocenti