Il linguaggio figurato della redenzione

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Secondo il linguaggio dei popoli antichi, l’uomo creato da Dio, apparteneva a Dio, ma col peccato era diventato proprietà del principe del male e ormai apparteneva a lui. Solo Dio avrebbe potuto riprenderlo, riconquistarlo, riscattarlo dalla linea schiavitù… ma come? A che prezzo?

Questo linguaggio figurato lo adopera anche Gesù, che paragona se stesso a un guerriero che vince l’avversario e lo spoglia di tutte le sue armi.

Com’è ovvio, Dio non aveva da ricomprare lo schiavo, né doveva pagare un prezzo al principe del male. Queste sono figure di tipo profetico.

È vero, invece, che Dio non voleva l’uomo prigioniero del male e che perciò l’avrebbe aiutato a liberarsi dalla sua colpevole schiavitù spirituale. Come? Non pagando un riscatto materiale, ma offrendo una risalita spirituale. Come, senza violare la libertà? Con l’attrazione dell’amore.

Dire che il Padre celeste abbia avuto il debito di far morire qualcuno (suo Figlio!) per ottenere questo, è follia. Invece il Padre celeste acconsentito che Dio stesso scendesse tra gli uomini per persuaderli sulla via della risalita umana fino a Dio.

Tuttavia scendendo da uomo tra gli uomini ha urtato nella rete peccaminosa degli uomini e così è stato ucciso. Con questa offerta di sé ha pareggiato ogni ingiustizia passata, presente e futura, essendo egli eterno, e ha innamorato di sé gli uomini, sia con la notizia storica sia nel segreto di ogni coscienza, attraendoli al bene. Il suo sangue significa solo il suo dono di sé senza riserve. Offrendosi, suscita la collaborazione dell’uomo. Così egli ha riparato l’integrità umana ferita e anche l’alleanza primordiale che era stata compromessa, restituendo l’uomo alla nuova speranza, significata dalla sua resurrezione.

Don Ennio Innocenti