Crisi della Sinistra?

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L’esito delle elezioni politiche del 4 marzo 2018 ha riproposto un tema – quello della crisi della Sinistra – tutt’altro che nuovo, in quanto le élites intellettuali ne discutono almeno da cinquanta anni non solo in Italia bensì anche in Europa e negli Stati Uniti d’America.

E’ dunque piuttosto fatuo imputare la responsabilità della sconfitta elettorale del Partito Democratico ad errori o alla personalità del segretario del partito e della sua classe dirigente, che possono certo avere inciso in qualche misura, ma che non possono essere ritenuti determinanti proprio perché tale crisi (che esiste, ma in termini diversi da quanto si ritiene abitualmente) risale nel tempo e si inscrive in una più ampia parabola discendente di tutti i partiti di sinistra europei.

E’ necessario, pertanto, che tutta la Sinistra, e non solo il Partito Democratico, si proponga di individuare le cause di questa sconfitta; ma, in via preliminare, è indispensabile una riflessione su quale sia o debba essere il contenuto identitario di una forza politica ‘di sinistra’ nell’attuale contesto storico. Addirittura, a seconda di come si individuano i tratti identitari della Sinistra, si potrebbe porre la domanda se abbia ancora senso, oggi, sostenere la possibilità o la necessità di una ‘Sinistra’. E’ noto, infatti, che da più parti si sostiene che le contrapposizioni Destra/Sinistra siano ormai superate e prive di significato; affermazione, questa, un tempo sostenuta solo da qualche intellettuale, ma oggi molto più condivisa e fatta propria anche da un movimento politico come quello dei “5 Stelle”, che proclama essere ormai intervenuta la ‘fine delle ideologie’ e che si definisce esplicitamente “né di destra né di sinistra”.

Tuttavia, l’affermazione che le categorie di Destra e di Sinistra sono ormai superate presuppone, come è ovvio, una definizione sia della Destra che della Sinistra. Va subito detto che Destra e Sinistra sono designazioni relativamente recenti, desunte semplicemente dalla collocazione dei rappresentanti dei partiti nelle aule parlamentari rispetto al Presidente dell’assemblea, collocazione che risale al tempo della Rivoluzione francese: nel 1789, l’Assemblea degli Stati Generali – la cui disposizione verticale-gerarchica, con il Re in alto e via via scendendo i vari ceti sociali (clero, nobiltà, terzo stato), rappresentava plasticamente l’immagine di una società come ‘organismo’ in cui le singole parti sono tra loro interconnesse – si dispose diversamente, in modo non più verticale-gerarchico, ma in modo orizzontale con i rappresentanti dei corpi sociali strutturati per ‘opinioni’ e ‘partiti’: a destra del Presidente, coloro che sostenevano lo status quo e il mantenimento del potere di veto regio; a sinistra, i propugnatori della sua riforma. Da allora la Destra è stata identificata con la posizione di ‘conservazione’ tendenziale dell’ordine esistente, mentre la Sinistra è identificata, nelle sue varie sfumature, con la tendenza a modificare tale ordine, a riformarlo o a sovvertirlo del tutto per sostituirlo con un altro.

Tale definizione, inizialmente “neutra” in quanto meramente descrittiva e priva di contenuti valoriali, assume una qualificazione positiva quando la tendenza al mutamento comincia ad essere vista come un ‘progresso’ in sé; conseguentemente, le forze politiche che sostengono le idee di cambiamento, cioè le ‘progressiste’, sono quelle portatrici di valori positivi, mentre la Destra, con le sue posizioni ideologiche di difesa dello stato di cose presente, viene definita come conservatrice o reazionaria e, opponendosi al progresso in quanto i valori in cui essa crede sono immutabili, viene vista come una forza retriva, che difende gli interessi dei potenti e propugna valori che il “progresso” disvela come posti a difesa delle classi abbienti. Come si vede, l’idea evoluzionista – formulata inizialmente come ipotesi limitata al mondo animale – è stata successivamente trasferita, (tra l’altro, come se si trattasse di un’acquisizione ormai definitiva), anche nel campo delle scienze sociali ed applicata alla storia, confondendo così la storia della civiltà con un processo di evoluzione naturale, per cui il presente è per definizione più “evoluto” rispetto al passato e meno “evoluto” rispetto al futuro.

Questa contrapposizione tra Destra intesa come ‘conservazione’ (termine che è ora caricato di significato negativo) e Sinistra intesa come ‘progresso’ e ‘cambiamento’ (visti sempre come positivi) non ha tuttavia alcuna stabilità. Infatti, Destra e Sinistra così intese sono definizioni relative e provvisorie, applicabili solo in una determinata situazione politica e sociale, e non ne indicano il “contenuto sostanziale”; perciò, una formazione politica, qualificata ‘di sinistra’ in un certo contesto, può essere superata ‘a sinistra’ da una nuova formazione che propone ulteriori cambiamenti alla situazione sociale e quindi in tal modo viene a trovarsi alla sua destra, pur non avendo affatto mutato la propria proposta politica. E così la Sinistra finisce per trasformarsi in Destra: basti pensare a quanto avvenuto nell’URSS, dove i comunisti, ormai al potere, divengono ‘conservatori’ e quindi si collocano a destra, mentre gli anticomunisti, che si oppongono alla conservazione dell’esistente e sono favorevoli a mutamenti in senso democratico e liberale, vengono riguardati come ‘progressisti’ e collocati a sinistra dello schieramento politico, laddove in Occidente sarebbero ritenuti forze politiche di destra. D’altra parte, l’evoluzione dal liberalismo al democraticismo, da questo al socialismo, e da questo ancora al comunismo non è altro che un progressivo spostamento a sinistra della proposta politica che fa giudicare ‘conservatrice’ una posizione prima giudicata di sinistra. Tale evoluzione, inoltre, dimostra come la Sinistra sia sempre il risultato di una costante insoddisfazione e del conseguente spirito critico e di scissione. E’ evidente, altresì, che, per converso, i valori che prima erano considerati di Sinistra ora vengono qualificati “di Destra”.

Perciò, riteniamo che sia necessario individuare la sostanza identitaria di tali movimenti dello spirito: e allora la vera essenza consiste, per quanto riguarda la Destra, nella difesa del concetto di limite, proprio dello spirito tradizionale – inteso come quello che si fonda su una concezione del mondo basata su valori immutabili, esistenti ab aeterno perché non posti dall’uomo, ma risalenti all’ordine naturale del mondo e tramandati di generazione in generazione, e che nel campo sociale prevede una società gerarchica in cui la funzione del comando è legata al servizio e non all’esercizio del potere –; la Destra rettamente intesa è fedeltà allo spirito della tradizione che rimanda a un ordine increato di valori, indipendenti da qualunque arbitrio umano. Per quanto riguarda la Sinistra, la sua essenza consiste nel rifiuto del limite, nella contestazione di tali valori, che essa ritiene imposti dalle classi dominanti a difesa dei propri interessi, e nel propugnare il ‘progresso’ continuo dell’umanità, sia in campo sociale, verso un avvenire di uguaglianza, in cui sia abolita ogni gerarchia, sia nel campo dei valori, che non sono immutabili ma, al contrario, essendo posti dall’uomo, devono essere continuamente aggiornati nel tempo in funzione delle contingenze storiche.

Così intese Destra e Sinistra, in primo luogo possiamo affermare la validità perenne di tale dicotomia, che permane irriducibile anche oggi; in secondo luogo, non può certo dirsi che la Sinistra abbia fallito, tutt’altro: infatti, mai come nell’epoca moderna è del tutto assente l’accettazione di un limite all’agire umano, così come sono rifiutati i valori spirituali posti a base di ogni ordine sociale tradizionale.

Se invece – come comunemente viene fatto, grazie alla capacità che ha avuto la Sinistra di imporre i propri moduli concettuali – per Destra si intende una “tecnica di gestione del potere al servizio dei più forti”, allora è evidente che la sconfitta della Sinistra è completa giacché mai come adesso le cosiddette élites economiche e finanziarie hanno avuto tanto potere, in grado come sono di condizionare agevolmente anche gli Stati nazionali. In realtà, però, tali élites non sono affatto di destra, come invece viene solitamente affermato: al contrario, esse sono l’esito del liberismo, e il liberalismo è nettamente antitradizionale poiché segna l’avvio della rivoluzione della borghesia contro la società organica tradizionale, per quanto decaduta ormai essa fosse, e vengono considerate di destra per il semplice fatto che tendono a “conservare” il potere che hanno acquisito con le “riforme”, le “rivoluzioni”, il “progresso” promossi dalla Sinistra.

Sembra corretto, quindi, individuare nella perenne insoddisfazione del presente e nella conseguente ansia di un mondo nuovo, in cui tutte le ineguaglianze vengono eliminate, il motivo centrale dell’essere ‘di sinistra’. La Sinistra tende sempre al cambiamento: per essa, il mondo è sempre deficitario e spetta all’uomo rovesciare l’ordine esistente fino a giungere ad un ordine nuovo in cui sarà realizzata la perfetta uguaglianza sociale. L’uomo di sinistra condanna il presente – società, famiglia, istituzioni, morale…,  perché non corrisponde al suo ideale e quindi vuole cambiarlo.

Per la Destra il mondo in sé è ordine e bellezza, è ‘buono’ in quanto uscito all’origine dalla volontà creatrice di Dio, ed è l’uomo ad essersi allontanato dalla perfezione originaria con la sua ribellione a Dio e la conseguente ‘caduta’, ed è l’uomo, pertanto, la causa del male nel mondo; questo può essere eliminato solo con la restaurazione dello stato di perfezione originaria; per la Sinistra, invece, il mondo è sempre imperfetto e spetta all’uomo, quale nuovo demiurgo, stabilirne l’ordine nuovo, mediante un progresso continuo nel tempo (si può ricordare, a tale proposito, che la bandiera brasiliana riporta il motto “Ordine e progresso”); questo ordine perfetto, tuttavia, è destinato a non realizzarsi mai in quanto, appena instaurato un nuovo ordine, esso diviene ‘situazione’ che, come tale, va superata. Quello che per l’uomo di sinistra è progresso per l’uomo di destra è decadenza perché è allontanamento dal principio.

Quello della Sinistra è un costante atteggiamento di rottura: con l’ordine presente, con la tradizione e i suoi valori; la sua aspirazione ad un mondo nuovo e perfetto, tuttavia, è destinata a non realizzarsi mai e a restare pura utopia perché la Sinistra detesta il mondo così com’è, verso il quale ha sempre un atteggiamento critico. Infatti, come già nel 1969 riconosceva J.-M. Domenach, all’epoca Direttore di Esprit ed espressione del mondo intellettuale progressista, non appena il progetto politico della Sinistra si realizza e diviene situazione esso, in quanto situazione data, diviene subito oggetto di critica e la Sinistra, divenuta ‘partito di potere’, fa emergere inevitabilmente alla sua sinistra una nuova Sinistra, e la prima diviene così ‘Centro’ o addirittura ‘Destra’: conseguentemente, afferma lo stesso Domenach, “gli uomini di sinistra si dividono perché rappresentano dogmi e interessi, e non più una speranza e una volontà di trasformare la realtà”.  Lo stesso Domenach aggiungeva che un altro motivo della crisi della Sinistra era dovuto al fatto che “la lotta di classe si affievolisce nelle società industriali: la massa diventa proprietaria, o almeno tanto largamente consumatrice da indietreggiare davanti alla prospettiva di una rivoluzione”. E già nel 1969 vari intellettuali francesi di sinistra constatavano tristemente che la Sinistra non aveva resistito alla prova del potere e che era in via di sparizione.

Dunque, la crisi attuale della Sinistra europea (o, per meglio dire, le sconfitte elettorali delle forze politiche che si definiscono di sinistra e come tali sono comunemente percepite), risale a vari decenni or sono e su di essa esiste una vasta saggistica: questo non vuol dire che non sussistono anche le responsabilità dei singoli leaders e dei vari partiti che si definiscono di sinistra, ma certo esse vanno inscritte nel quadro di un processo storico che le sorpassa enormemente e che le ridimensiona.

A causa di tale processo storico, c’è chi sostiene che le differenze politiche tra Destra e Sinistra siano ormai ridotte e non investano più le ideologie bensì le tattiche, i mezzi per raggiungere obiettivi sostanzialmente condivisi; altri ritengono che quello che è in crisi ormai da tempo è l’idea stessa di “progresso” (con i suoi corollari di crescita e sviluppo) che è alla base della ideologia di Sinistra, di ogni Sinistra. Il progresso, infatti, da sempre considerato dalla Sinistra – sia liberale che socialista – come il fattore dell’affrancamento dell’uomo dai bisogni, è ora visto, al contrario, come fattore di rischio per l’esistenza individuale e collettiva, che viene minacciata dalla rivolta della natura contro la pervasività della tecnologia nell’utilizzo delle risorse: da qui le mutazioni climatiche, il buco nell’ozono, la crescente desertificazione, le tante catastrofi industriali, l’inquinamento urbano e degli oceani, ecc.: è il caso di sottolineare, a tale proposito, che quello ecologico non è – propriamente – un tema di sinistra, bensì di destra, giacché riguarda la conservazione della natura e del suo ordine.

La Sinistra, preso atto che il progresso, da essa tanto osannato, ha condotto – per una sorta di eterogenesi dei fini – proprio all’affermarsi su scala planetaria di una classe tecnocratica, dovrebbe avere l’onestà intellettuale di riconoscere, coerentemente, che tale tecnocrazia non è affatto di destra ma, al contrario, è la propria erede naturale, che si è affermata in tutto il mondo a scapito delle classi che essa inizialmente voleva difendere: ed è per questo che la Sinistra è percepita ormai come establishment, tanto più che essa ha ormai abbracciato altri temi, non più economici, ma culturali, in realtà tipici della borghesia intellettuale (questioni migratorie, ius soli, femminismo, teorie di gender, coppie di fatto, unioni civili, utero in affitto, eutanasia, ecc.), molto lontani dai concreti interessi e bisogni delle classi più deboli.

Da qui, pertanto, l’acuirsi della crisi di identità della Sinistra: da una parte, essa vede messa in discussione l’idea stessa di progresso, su cui si fonda la sua stessa esistenza; dall’altra, ha da molto tempo ormai, se non abbandonato, certo posto con minor rilievo i suoi temi fondanti (su tutti quello dell’abolizione delle disuguaglianze sociali ed economiche, come aveva constatato già alla fine degli anni sessanta del Novecento Domenach, quando affermava che la moderna società industriale aveva ormai svuotato di contenuto le istanze rivendicative tipiche della Sinistra).

Il focus della Sinistra, quindi, si è spostato dal tema dell’uguaglianza delle condizioni economiche a quelli della libertà e dei diritti dell’individuo; mentre per la Destra il fondamento della libertà e dei diritti dell’uomo si trova al di fuori dell’uomo (nell’ordine naturale, e quindi in Dio) e pertanto l’uomo non può disporne a suo piacimento (ricordiamo il senso del limite proprio della Destra), la Sinistra considera la libertà e i diritti civili come assoluti, senza alcun limite oltre quelli eventualmente posti dall’uomo stesso: perciò, anche in materia di diritti individuali, di diritto familiare, ecc. la Sinistra è costantemente tesa a scardinare l’ordine esistente, che essa considera come un insieme di vincoli alla assoluta libertà dell’individuo, per sostituirlo con un ordine diverso posto dall’uomo; la Destra ritiene queste iniziative della Sinistra come un attentato all’ordine naturale delle cose, e quindi a Dio. Per la Sinistra, non c’è un ordine dato, immutabile, ma è l’uomo a porre l’ordine: l’uomo si fa Dio.

In conclusione, poiché le disuguaglianze non sono abolite (anzi la distanza tra i primi e gli ultimi aumenta a dismisura sia all’interno dei singoli Stati ad economia capitalistica sia tra questi e gli Stati del sud del mondo) la Sinistra ha certo fallito nel suo obiettivo di eliminare le disuguaglianze economiche e sociali; essa, tuttavia, con le sue élites, ha conquistato il potere economico, finanziario, culturale, dei mass media… e, soprattutto, ha vinto la battaglia più importante, cioè quella di riuscire a plasmare in profondità le coscienze degli uomini contemporanei, che hanno assorbito, anche inconsapevolmente, e condiviso i temi tipici della sinistra liberista e radicale (divorzio, aborto, coppie di fatto, unioni civili, eutanasia, ….) ed hanno quindi smarrito il senso del limite proprio dell’uomo della Destra tradizionale; e perciò la Destra in nessun periodo storico come nell’attuale ha conosciuto una débacle tanto completa e forse definitiva.

Alessandro Barilà