Papa Francesco: “Ci siamo illusi di rimanere sani in un mondo malato”

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«Ci siamo trovati impauriti e smarriti, siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa, ci siamo resi conto di trovarci nella stessa barca tutti fragile e disorientati ma, allo stesso tempo, importanti e necessari. Tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti, tutti. Non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.»

Una delle immagini simbolo di questa epidemia è stata la “salita” di Papa Francesco verso il sagrato della Basilica di San Pietro, quando venerdì scorso, prima della benedizione Urbi et Orbi, da solo, con passo affaticato e sotto una pioggia battente (affaticato dal portare la croce della sofferenza che diventa croce di speranza), si è fatto carico dei dolori dei fedeli di tutto il mondo.

E’ sembrato di intravedere il sentiero che porta al Calvario, dove possiamo scrutare il volto sofferente di Gesù Cristo. Il Papa, simbolo dell’umanità redenta, è venuto a implorare umilmente l’aiuto della Grazia.

La fede è abbandono totale a Dio, è il recupero di quell’essenzialità che ci rende piccoli e insignificanti – ma al contempo – grandi e meritevoli agli occhi del Padre. Come dice San Paolo nella Lettera agli Ebrei (11,1): «La fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono.». Il significato della fede religiosa alberga, dunque, nel cuore di ogni cristiano e di chi crede, nel messaggio e nell’opera di Gesù.

Il Papa, da uomo fragile, facendosi portavoce della storia, si è elevato alla grandezza della Comunione con l’Altissimo. È la figura dell’Altrità che emerge con forza e veemenza lungo la scalinata (della vita, dell’amore e del dolore), che lo porta a cospetto dell’Ens necessarium: così piccoli eppure così infinitamente grandi.

Sotto la pioggia, in un silenzio assordante, il Papa ha lanciato il suo ‘grido’ in una piazza San Pietro vuota: «Non lasciarci in balia della tempesta», chiedendo così a Dio di guardare alla “dolorosa condizione” in cui versa l’umanità a causa della pandemia.

Ecco il bello di essere cristiani: riconoscersi piccoli e umili nella grandezza dello Spirito.

Gabriele Russo