La Croce ben oltre Costantino

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Sebbene Gesù abbia esplicitamente connesso Croce e Glorificazione, la Croce restò nei primi secoli cristiani sotto ipoteca di ignominia ed umiliazione, nonostante che le biblioteche imperiali avessero registrato

fenomeni (connessi con la crocefissione di Gesù) che, a dire di Tertulliano, avrebbero dovuto suggerire ben più alti significati, almeno per alcuni imperatori favorevolmente disposti.

A Costantino si deve dapprima il vanto dell’iniziali del soprannome Cristo (sanzionato indirettamente – Rex – dal titolo imposto alla Croce) e subito dopo la prima pubblicazione del glorioso Volto del Salvatore nel timpano della Basilica a Lui dedicata (la Lateranense).

Infine Costantino si decise a fare del cristianesimo il nuovo cemento spirituale dell’Impero e perciò anche il simbolo della Croce venne glorificato.

Ma il vero senso della glorificazione era vissuto solo all’interno della vita ecclesiale (nella cui compagine Costantino entrò solo alla fine della sua vita), specialmente nel rito eucaristico, e si trattò (sulle orme interpretative di Paolo) soltanto di “senso mistico”, d’immedesimazione dell’uomo di fede nel mistero di Cristo morto e risorto.

Da questo senso mistico è giustificata l’esaltazione del segno della Croce sui pinnacoli dei templi (costruiti essi stessi come croci) e anche sulle cime dei monti, in quanto i monti richiamano le altezze spirituali, le quali sono sempre significative di comunione con Dio, vera gloria dell’uomo che liberamente si affranca dalle bassezze. E non a caso la festa della Santa Croce fu fissata nell’Egitto divenuto cristiano il 14 settembre, perché quel giorno si aprivano le chiuse del Nilo e venivano per tutti le acque fecondatrici di vita.

Don Ennio Innocenti