L’Illuminismo e i musicisti

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Si fa risalire l’Illuminismo a Cartesio, forse rosacrociano, il quale scrisse anche un trattato sulla musica, ma i musicisti del Seicento non ne furono toccati. Ebbero forse qualche influsso musicologi illuministi come Rousseau e Diderot; lo suppongo perché nel Settecento sono registrate molte composizioni musicali per le riunioni massoniche; anche Mozart scrisse per la massoneria, ma nessuno negherebbe che nelle sue composizioni religiose e cattoliche Mozart sia volato più in alto dell’Illuminismo.

L’Ottocento vide forse l’acme dell’Illuminismo eppure Wagner, attraverso il suo Romanticismo, subì il fascino della religiosità e Beethoven, che pure era stato irretito dalla rivoluzione illuminista, non solo vergò di suo pugno dediche religiose sui suoi spartiti, ma volle per guanciale, nella sua bara, la più famosa messa di Cherubini. Rossini era stato certamente coinvolto nella moda illuminista, ma al sacerdote che l’assisteva nell’ultima malattia disse: “Non avrei scritto la Messa e lo Stabat se non fossi stato credente”.

Quanto al Novecento, che all’inizio era soggiogato dalla Massoneria, certo molti musicisti ne poterono restare impigliati. Ma si può dubitare della fede di Mascagni? Sì, le donne perdevano la testa per lui (come i giovanotti che volevano i “capelli alla Mascagni”), ma Pio XII ne ricevette le confidenze e predisposte alla fine per lui il consolante confessore, che lo riconciliò con i sacramenti.

Poi anche l’Illuminismo andò in crisi e chi oggi vuole sostituire gli artisti con i computer é guardato con compatimento.

Don Ennio Innocenti