Perdura la crisi estetica

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L’estetica dell’Ottocento è del tutto comprensibile e il pubblico se ne è compiaciuto, si trattasse della Scuola di Posillipo, di quella di laziale o di quella toscana, dell’architettura di Valadier o delle “stampe” di Pinelli.

Questa estetica ha ottenuto compiacimento nel Novecento continuando in Piacentini, in Sironi, Arturo Martini, Gottuso.

Nonostante che l’Ottocento si spegnesse nella crisi ideologica nichilista (riflessa, mi pare, in Carducci, Pascoli e D’Annunzio), il primo Novecento era ancora comprensibile con futuristi e metafisici, come Giacomo Balla e Giorgio De Chirico.

Dopo che la progenie di Dada e Breton è tornata in Europa dall’America vincitrice per stordire con le avanguardie nichiliste ogni residuo di realismo, l’estetica è diventata di assai difficile comprensione per il pubblico (che tuttavia ha percepito la frequente blasfemia delle opere proposte) e i critici d’arte hanno tirato a campare rifugiandosi in formalismi soggettivistici conditi di psicoanalisi (ben pagati, s’intende).

La conclusione è che il pubblico è escluso dal giudizio estetico e non ha altre possibilità di godimento che rifugiarsi nei musei (quelli buoni, s’intende).

Don Ennio Innocenti